RAPPORTO DALLA TERRA



1. Soltanto oggi ho potuto osservare questo pianeta. È popolato da ogni sorta di esseri, alcuni dei quali senza dubbio intelligenti. Vivono dappertutto. Molti, e sono i più graziosi e leggeri, nel gas che compone l'atmosfera; altri, e sono delle specie più diverse tra loro, sulla crosta stessa del pianeta; altri infine, guizzanti e colorati, nelle vaste e profonde zone di liquido che ricoprono gran parte della sua superficie. Tra quelli che di preferenza vivono sulla crosta, una specie ha destato la mia curiosità: è quella le cui tracce su tutto il pianeta sembrano essere le più estese e numerose.


2. La specie che ha destato la mia curiosità e di cui ho detto, è composta di esseri che possiedono un certo grado d'intelligenza: superiore, direi, nella maggior parte dei casi, a quello degli esseri delle altre specie che ho potuto osservare quaggiù. Ma sono davvero bizzarri, perché condividono con tutti questi, da cui pure differiscono assai, numerosi comportamenti. Sono in tal modo condizionati della rotazione del loro pianeta, per esempio, che, quando per effetto di essa sopraggiunge l'ombra, in quella metà del pianeta dove ciò accade tutti arrestano la loro attività, si coricano e restano immobili finché non sopraggiunge la luce.


3. Per effetto dell'ombra, come vi dicevo, in un volger di tempo più o meno breve questi esseri si coricano. Ma non tutti fanno così. Molti, per ragioni imperscrutabili, sembrano invece preda di una straordinaria agitazione: accendono e spengono luci, corrono rasoterra sui loro apparecchi semoventi, emettono suoni, si radunano in gruppi, si disperdono, introducono nel loro corpo liquidi delle più varie composizioni; e tutto ciò specialmente in quei certi luoghi del pianeta dove essi sono più concentrati e numerosi. Ad ogni modo, da un mio esame approfondito ho potuto rilevare che, quando si comportano così, al ritorno della luce appaiono senz'altro meno pronti e intelligenti di quelli che si sono coricati.


4. Come si può dedurre dai miei precedenti rapporti, questi esseri non vivono equamente distribuiti sulla superficie del loro pianeta. Intanto bisogna dire che ne prediligono la parte solida sulla quale, per un'incomprensibile varietà delle loro attitudini, vivono, alcuni dispersi, altri concentrati in grandi accumuli di ricoveri, costruzioni varie, nastri di scorrimento per i loro veicoli. Poi, che questi che vivono concentrati, diversamente da quelli che vivono dispersi, non amano circondarsi della stessa miscela di ossigeno, anidride carbonica e azoto che avvolge gran parte del pianeta; prediligono bensì l'ossido di carbonio che producono in grande quantità e, immersi nel quale, paiono sentirsi straordinariamente bene.


5. Veramente curiosa è la varietà di queste creature. Varietà di colore, varietà di statura, varietà soprattutto di inclinazioni e di sistemi di vita. Là vivono concentrati e stretti in piccolo spazio; altrove solitari o in piccoli gruppi su territori enormi. Là sembrano non saper vivere senza grande abbondanza d'acqua; altrove se ne accontentano di così poca che a stento, si direbbe, riescano a sopravvivere. Là vivono in alto, qua in basso. In alcuni luoghi hanno bisogno di enormi quantità di nutrimento, in altri di nulla o quasi. Sembrerebbero davvero specie diverse; eppure qualche cosa li accomuna tutti, e tutti si danno un gran da fare per considerarsi della medesima specie. Non è facile da capire.


6. Queste creature, ma forse farei meglio a dire tutte le creature di quaggiù, misurano il tempo per mezzo di ciò che si ripete con certezza; e l'alternarsi della luce e dell'ombra è ciò che di più certo, uguale e costante essi conoscono. Tra il comparir della luce e il suo ricomparire, infatti, il tempo è sempre il medesimo. A imitazione di questo evento naturale essi si sono figurati periodi più brevi, ma del tutto convenzionali, che segnano con l'ausilio dei più disparati congegni e meccanismi, e che servono a render sincroni i loro atti secondo certe necessità, o anche solo volontà, comuni. Questi periodi, poi, vengono suddivisi in periodi più minuti ancora, di modo che ogni atto della loro vita quotidiana può benissimo essere misurato e inquadrato esattamente nella sua propria porzione di tempo; e ogni atto suddiviso in parti di atto perfettamente misurate e inquadrate in porzioni di tempo più piccole. Segnano la durata, insomma, anche delle cose senza senso, anche di ciò che esiste solo perché essi ci hanno assegnato una durata. Pensano, così facendo, di determinare ogni cosa. È ovvio che con tutto ciò che controllano, ed è ben poco, essi ottengano un discreto successo. Tanto minuziosa applicazione tuttavia è del tutto inutile con ciò che invece non controllano affatto, e la cui durata essi non conoscono e non possono determinare: e sono le cose più importanti. Come la loro esistenza, per esempio.


7. Questi esseri hanno un rapporto molto intenso con il resto del loro pianeta: con la materia di cui è composto, intendo. Per una ragione che ancora non sono riuscito a scoprire fanno passare per l'interno del loro corpo, non solo il gas che li circonda, ma anche una certa quantità di liquidi vari e di materia solida che ricavano da un po' tutto quello che trovano: esseri animati, inanimati... Per lo più questa operazione conferisce loro un aspetto pacifico e soddisfatto. Tuttavia, dopo un certo tempo, anche qui per ragioni che ancora non conosco, si sbarazzano della materia ingerita la quale, almeno per quanto riguarda l'aspetto, appare sensibilmente trasformata.


8. Sono finalmente riuscito a scoprire a che cosa serva a queste creature la curiosa operazione di far passare gas, liquidi e materia solida per il loro corpo. Serve semplicemente a farli muovere, agire, durare insomma. Tant'è vero che qualora essi se ne astengono, dopo poco tempo cessano di muoversi del tutto e, in seguito, si decompongono. Tuttavia ho osservato alcuni che, pur facendo passare enormi quantità di questa materia per il loro interno, cessano di muoversi ugualmente, a un certo punto; e ugualmente, in seguito, si decompongono. Debbo dedurre che l'operazione da me descritta è sì necessaria alla loro esistenza, ma non sufficiente.


9. Vige, su questo pianeta, un rapporto continuo tra gli esseri che sto osservando e le creature delle altre specie viventi. Essi le trasformano, le distruggono, le ingeriscono per garantirsi l'esistenza; le adoperano, morte o vive, per le più svariate e impensabili ragioni. E poi le desiderano, le contemplano, le sezionano; le combattono, le allevano, ne sfruttano parti; le imitano, le studiano, vivono loro accanto. È così intenso, dunque, questo rapporto che essi non saprebbero vivere senza di queste. Non pare che lo stesso valga per le creature delle altre specie. Queste, infatti, mostrano nelle più varie circostanze di saper tranquillamente fare a meno di quelli.


10. Che strana e sventurata specie è questa! Non solo hanno una durata assai limitata nel tempo, ma è sufficiente un nonnulla per interrompere la loro esistenza anche con grandissimo anticipo: un urto, un cattivo funzionamento dei loro processi interni, il contatto con qualcosa di incompatibile con il loro fragilissimo equilibrio materiale. Talvolta giungono essi stessi a provocare la loro cessazione. Dopo un certo tempo, la materia dei loro corpi si ricongiunge con la materia del pianeta e tutto parrebbe finire. Parrebbe dico, ma questa, com'è ovvio, è una considerazione del tutto superficiale.


11. Tutte queste creature hanno sì una breve durata, ma solo perché la durata della specie è molto lunga. Al frequente cessare delle varie creature, infatti, corrisponde altresì una frequente generazione delle medesime. Con una serie di atti acconci, essi provocano all'interno del loro corpo la possibilità di questa generazione; il quale procedimento dura, secondo i miei calcoli, esattamente dieci rivoluzioni dell'unico satellite del loro pianeta attorno il pianeta stesso. Dopo di ciò la nuova creatura esce dal loro corpo ed è senza dubbio di dimensioni ridotte rispetto a chi l'ha generata.


12. Oggi ho fatto una scoperta interessante. Non sono tutti uguali gli esseri di questa specie, si dividono bensì in due grandi categorie. L'una che è preposta alla generazione delle nuove creature, l'altra che questa generazione la provoca. Sospetto che gli appartenenti a queste due categorie, oltre che per la suddetta funzione e per qualche non insignificante caratteristica del loro aspetto generale, differiscano anche per molte altre qualità e disposizioni; e che in questa differenza si rispecchi la visione che hanno del loro universo, del loro cielo e della loro terra.


13. Ho detto che questi esseri si dividono in due grandi categorie, ma bisogna che mi corregga: sono molte le suddivisioni entro questa specie. Una: tra quelli vissuti poco, quelli vissuti abbastanza e quelli vissuti troppo. Un'altra: tra quelli che stanno di qua e quelli che stanno di là di certi luoghi stabiliti. Un'altra ancora: tra quelli che scelgono tutti insieme un comportamento e quelli che ne scelgono tutti insieme un altro. Un'altra ancora: tra quelli che hanno un aspetto e quelli che ne hanno un altro. Tra tutte queste categorie accade una cosa che è peculiare di questo pianeta: il conflitto.


14. Questi esseri percepiscono ciò che li circonda in pochi modi (cinque o sei al massimo) che sono, oltre a tutto, parziali e limitati. In più, ciascuno dei suddetti modi è soggetto ad alcune condizioni in assenza delle quali la percezione non è possibile. Senza la luce della loro stella, per esempio, essi non percepiscono le forme di nessun corpo che non sia con essi a immediato contatto. A tale limite soggiacciono, senza per altro dar segni d'insofferenza, più o meno tutte le altre specie del pianeta. Questa soltanto reputa necessario protrarre il rapporto con ciò che la circonda oltre la suddetta condizione; e perciò s'industria in mille modi per fabbricarsi da sé altre fonti di luce che glie lo permettano. Secondo il loro modo d'intendere, infatti, la luce garantisce la percezione, la percezione la conoscenza, la conoscenza il rapporto, il rapporto i fini più o meno prossimi che essi si prefiggono. Non ostante la stravaganza di questi nessi logici, queste creature ottengono ciò che credono di volere; e ciò mi pare davvero straordinario.


15. Questi esseri comunicano tra di loro. Comunicano in vari modi, ma il più frequente è tramite le onde sonore. Sono dotati per natura di un'emittente che è posta nella parte più alta del loro corpo, e di due riceventi che sono poste ai lati della medesima parte. Con un codice opportuno comunicano emettendo una gamma di suoni molto varia e articolata, che ognuno confida venga recepita così come è stata emessa. L'uso che fanno dei due apparati, tuttavia, ha caratteristiche strettamente individuali. Da un esame da me condotto, per esempio, risulta che, nella maggior parte dei casi, la frequenza dell'uso dell'apparato emittente è inversamente proporzionale al grado d'intelligenza.


16. Oltre ai cangiamenti del corpo, queste creature subiscono anche un gran numero di cangiamenti di un'altra parte del loro essere: l'immateriale, tuttavia connessa con ciascuno di loro. Per i più svariati accidenti questa parte ora si trova in una disposizione felice, ora in una disposizione infelice, mostrando in questo alternarsi una singolare instabilità e incostanza. Delle due disposizioni la felice è assai meno frequente dell'altra, e ciò mi fa pensare che questi esseri non si trovino affatto bene nella loro condizione. Benché si mostrino particolarmente orgogliosi di essa e non intendano cambiarla affatto.


17. Com'è mutevole l'aspetto di queste creature! Quando per le più svariate ragioni la loro parte immateriale e invisibile o si turba o si contraria o soffre, anche quella materiale e visibile muta (mirabile corrispondenza!) e, specie la parte superiore del corpo, la più nobile e bella, sembra come velarsi e oscurarsi. Quando invece la parte immateriale si allieta, ecco la materiale illuminarsi. I due organi, mobili e vivaci, con cui queste creature percepiscono le forme di ciascuna cosa sembrano aprirsi ed accendersi; e l'orifizio per cui comunicano assume una forma piacevole a vedersi, e talvolta emette un suono curioso e bello in cui vi trovereste espressa tutta la loro gioia.


18. La varietà di queste creature, dei loro atti e dei loro pensieri è senza dubbio corrispondente alla varietà del loro pianeta. La crosta solida, infatti, qui è verdeggiante di esseri vegetali e ricca d'acqua, là deserta e priva di vita; qui calda e secca, là fredda umida e tempestosa; qui piana ed uguale, là ricca di rilievi, picchi verticali. Anche l'aria talvolta è luminosa e talvolta oscura. Il tempo stesso è vario: alla luce segue il buio, al freddo il caldo; i venti spirano in mille direzioni diverse, e la grande distesa d'acqua che ricopre buona parte del pianeta ora è calma, ora turbolenta, ora appena increspata: muta colore e aspetto ogni momento. Così sono queste creature; benché tutte abbiano un solo destino, e non una mi è parso vi possa sfuggire.


19. Queste creature, oltre alle condizioni che impone loro l'ambiente e la materia di cui sono composti, hanno tutta una serie di condizioni che s'impongono reciprocamente essi stessi. Ognuno fa ciò che un altro gli comanda, e non c'è mai nessuno che faccia davvero e per intero la sua propria volontà. Sembrerebbe a tutta prima che ci siano delle creature, poche, molto più potenti delle altre, ma anche queste in verità, finiscono col volere tutti sempre le stesse cose. Segno palese questo che anch'essi sono sottoposti a qualche altra volontà.


20. Tra le creature che popolano questo pianeta vige un costante rapporto il cui preciso ordine però non mi è dato ancora di afferrare. Alcuni compiono delle prescritte azioni che giovano ad altri. Questi compensano i primi con dei piccoli ritagli variopinti di un materiale leggero e pieghevole con i quali a essi è possibile, non solo avere in cambio oggetti d'ogni sorta, ma compensare altre creature ancora; le quali compiono per loro azioni che essi non vogliono compiere. Sulle prime pensavo che ci potessero essere azioni che alcuni sono disposti a compiere e altri no, e che questo sistema fosse il più semplice per risolvere il problema. Credo però che non sia così.


21. Queste creature perseguono tutte un fine: l'esistenza e la sua maggior durata. Ciò non ostante ci sono casi in cui le cose non appaiono per nulla così semplici. Ci sono esseri, per esempio, che fanno di tutto per far cessare di esistere altri esseri e, allo stesso tempo, di tutto (così pare almeno) affinché altri esseri non cessino affatto. Ci sono alcuni poi a cui è indifferente la cessazione di milioni di individui, e che sembrano disperarsi per la scomparsa di uno solo. Altri ancora che sembrano industriarsi per far venire e mantenere in vita un gran numero di loro simili, altri che s'industriano per farli sparire al più presto. L'esistenza altrui... C'è della varietà in proposito; a cui si contrappone però la gran monotonia dell'interesse sommo che ciascuno mostra per l'esistenza propria.


22. Oggi ho fatto una scoperta bizzarra. Tra tutte queste creature che pure sono attivissime, e s'industriano di continuo e di continuo fanno qualche cosa, ce ne sono alcune, dall'aspetto sempre strano e originale, che, pur comportandosi molto diversamente le une dalle altre, hanno tutte qualcosa in comune. O tracciano segni, o emettono suoni, o costruiscono oggetti, che per lo più non servono alle necessità della loro vita quotidiana. Stanno a lungo concentrati in questo loro operare e, alla fine, dopo lungo travaglio, ascoltano o rimirano ciò che hanno creato, e paiono molto soddisfatti. Fanno udire o mostrano ad altri la loro opera, e tutti sono molto soddisfatti...


23. Più mi soffermo ad osservarle più mi sembrano strane queste creature. Tengono tanto al loro corpo, stanno in tanta ansia quando qualcosa lo minaccia, hanno tanta paura quando la sua esistenza sta per cessare, e, ciò non ostante, lo coprono. E sono più orgogliosi della copertura che adoperano, alle volte, di quanto non siano del loro corpo stesso; di cui pure ciascuno trova bene compiacersi anche al di là di ogni ragionevole giudizio. Parrebbe che la copertura sia un altro corpo sopra quello che ciascuno ha per sua natura. Bene: fanno così per un tempo più o meno breve; poi, a certe scadenze starei per dire comuni, la buttano via come se anche questa invecchiasse, e ne scelgono un'altra, nuova.


24. Ho scoperto una cosa fondamentale per capire queste creature. La loro vita non è, né è stata mai uguale nel tempo. I mutamenti che intervengono a causa del tempo sono così vasti e sconvolgenti che, quando io fossi sbarcato su questo pianeta cento delle sue rivoluzioni fa o tra cento rivoluzioni, per esempio (questi esseri misurano il tempo con le rivoluzioni del loro pianeta attorno alla sua stella), mi sarei imbattuto in uno scenario del tutto diverso. Il mutamento è il vero padrone di questa specie! Più o meno rapido ma è lui che governa.


25. La maggior parte di queste creature, come ho già detto, prima che il loro corpo cessi di esistere, producono altre creature loro simili: più piccole quanto alle dimensioni, ma che poi crescono e che, a loro volta, producono altre creature. Affinché ciò accada, due esseri, differenti per disposizione rispetto a questo atto, si appartano. Secondo il mio parere la presenza della luce non dovrebbe influire negativamente, tuttavia essi lo fanno di preferenza al buio o quasi (avranno le loro ragioni). Si rinchiudono nei loro abitacoli, si coricano e cominciano a compiere degli atti misteriosi. Sembra che cerchino di unire disperatamente i loro corpi, di far sì che l'uno penetri nell'altro, si sforzano, bisogna dire che, accanto a momenti sinceramente ridicoli, ve ne sono altri densi di una terribile drammaticità. Alla fine cadono esausti: uno, per lo più. Nell'altro, invece, quest'atto provoca la possibilità di generare una terza creatura. Ebbene, tutto sembrerebbe molto semplice, ma semplice non è. Questo medesimo atto che serve a mettere in moto il meccanismo della riproduzione sembra avere significati molto più difficili da afferrare. Queste creature, infatti, cercano di compierlo molto spesso, e senza aver minimamente in vista la riproduzione; anzi, la impediscono con ogni mezzo, e sembra piuttosto che cerchino dell'altro in quest'atto che si compie dappertutto con ansia e trepidazione. Eppure a questo è connessa un'evidente diminuzione della coscienza: quasi uno smarrirsi non appena due s'incontrano e si toccano. Tanto provoca in essi la stretta unione dei corpi.


26. La maggior parte di queste creature compie l'atto che provoca la riproduzione in un certo modo, dappertutto uguale si direbbe. Un'altra parte, certo meno numerosa ma non per questo esigua o insignificante, lo compie in modo diverso. Ebbene, così facendo, il meccanismo della riproduzione non s'innesca. E non s'innesca neppure in altre circostanze, quando cioè le due creature sono del medesimo tipo: o entrambe atte alla riproduzione, o entrambe atte a provocarla. Questo prova che l'incontro dei corpi che ho descritto può avere funzioni varie e diverse.


27. Non tutti compiono l'atto che provoca la riproduzione. Dapprima queste creature non vi sono ancora disposte. Più tardi cominciano ad esercitarsi da sole. Poi lo compiono la prima volta e lo fanno con grande apprensione. Poi cercano di farlo molto spesso, e spingono più in là che possono nel tempo questa loro disposizione. Infine, vuoi perché questa disposizione viene loro a mancare, vuoi per motivi indipendenti dalla loro volontà, non trovano più l'altra creatura con cui compierlo. Farlo da soli come ai primi tempi non sembra interessarli più molto, e quindi smettono. C'è anche chi non lo fa per tutta la vita... ma per lo più se ne rammarica.


28. Queste creature hanno un rapporto tormentato con la realtà. Tutto accade regolarmente difronte a loro, eppure ciò non sembra garbargli molto. Allora che fanno? Si rinchiudono numerosi in grandi sale buie, dove alla vicenda quotidiana sostituiscono un'altra vicenda che si accende luminosa su uno schermo e scorre; o che si svolge tra persone reali su un palco. Se ne stanno così, in silenzio, incantati a guardare, e pare che quell'incanto li porti lontani; e sdimenticano tutto quello che hanno lasciato fuori da quel luogo.


29. Queste creature di solito non si occupano d'altro che della loro vita e di quello che accade sul loro pianeta. Poche uscite sporadiche sul loro unico satellite, qualche atto di curiosità verso il loro sistema solare, e per il resto nulla. Tuttavia mi è parso che alcuni di questi esseri, in qualche momento della loro vita guardino lontano; che compiano gesti, che mormorino suoni all'indirizzo di qualcosa che li sovrasta, che essi pensano distante e difficile da raggiungere. Allora una specie di ansia li coglie, diversa da tutte le loro ansie quotidiane, e sembrano in attesa di qualcosa che rischiari la loro ignoranza, di qualcosa che si manifesti di luminoso, di bello, d'infinito. In ciò mi sembra di ravvisare un briciolo di nobiltà.


30. Che strano rapporto hanno questi esseri con il luogo dove nascono! Non intendo il loro pianeta ma proprio la piccola porzione del loro pianeta dove sono venuti all'esistenza. Bisogna dire innanzi tutto che, sebbene si muovono molto, e si agitano, e si spostano assai, hanno sempre un punto di riferimento a cui sono variamente legati: e questo punto è per lo più là dove sono nati e hanno vissuto i primi tempi della loro vita. La forma di quel ritaglio di pianeta, le creature che vi dimorano, i loro usi particolari costituiscono una forte attrazione per coloro che vi si allontanano. E quando protraggono la lontananza, cosa strana, diventano persino melanconici e inattivi, e il loro desiderio di ritornare si fa più acuto.


31. Davvero non saprei come definire una certa pratica, frutto di un'idea fissa che queste creature hanno, né di spiegarla del resto. Bisogna sapere che per costoro l'ordine di tempo e di spazio è fondamentale; e ciò che in quest'ordine è primo vale di più. Ecco dunque che per un inspiegabile motivo, in molte loro attività, anche in alcune all'apparenza prive di scopo, si contendono questo primato. Partono da un luogo e arrivano ad un altro, e chi arriva primo è ben stimato. Si radunano e, uno alla volta, scagliano un oggetto lontano. Chi copre più spazio anche lui è ben stimato. Oppure in due gruppi si contendono una sfera, e chi la porta o la getta più volte oltre un limite fissato nel territorio dell'altro è ben stimato. Forse, per un curioso rispetto dell'equilibrio, chi fa di più (anche in azioni apparentemente prive di significato) vale di più. Chi sa?


32. Oggi, dopo molti tentativi, sono riuscito in un'impresa difficile. Sono penetrato in uno degli abitacoli dove queste creature giacciono durante l'oscurità. Stavano immobili e io sono riuscito a leggere ciò che avveniva in loro. Credevo che vivessero uno stato di profonda quiete e invece, in questo tempo, essi pervengono ad un altro mondo, pieno d'immagini, dalle leggi logiche imprecise, dove volteggiano i loro desideri, i ricordi, le paure della loro vita quotidiana. Qui il tempo non scorre come in quell'altro mondo, ma il futuro e il passato s'intrecciano capricciosamente, e ciò che muove ogni cosa sfugge e resta inafferrabile. Al tornar della luce, volenti o nolenti tornano anch'essi a ciò che stimano essere il mondo vero. Sì, perché reputano quest'altro mondo pura illusione.


33. Tra tutte le condizioni che rendono queste creature ciò che sono ve n'è una che li relega per forza a un livello inferiore: non sono capaci d'immaginare qualcosa di diverso da loro stessi e dal loro mondo. Anche quando si sforzano di farlo, lo fanno in modo così goffo che tutto quello che si figurano è sempre a loro immagine e somiglianza. Se per qualche fortuita ragione vengono a contatto con qualcosa di diverso veramente, mostrano ostilità e subito lo misconoscono.


34. Queste creature, quando sono all'esistenza soltanto da poco, sono esseri curiosi e divertenti: col tempo mutano. Allora però sono ancora molto interessanti. Hanno, per esempio, una straordinaria facoltà di apprendere, che dopo perderanno. Sono senza dubbio impacciati nel corpo ma l'energia che possiedono, la volontà, l'astuzia compensano la poca abilità che hanno di cavarsela da soli. In ogni caso sono abilissimi a far sì che gli anziani provvedano ai loro bisogni.


35. Su questo pianeta ogni equilibrio è precario. Anche questa specie che osservo può permettersi soltanto pochissime variazioni di misura, poiché tutto diventa subito eccesso, o mancanza. L'eccesso di nutrimento provoca disturbi al funzionamento corporeo; l'eccesso di allegria provoca stupidità; l'eccesso di riposo incapacità di agire. L'eccesso del liquido la soluzione del solido; l'eccesso del solido il prosciugamento del liquido. L'eccesso del numero l'indifferenza; l'eccesso di vita morte. Tuttavia l'eccesso attrae queste creature, e solo la natura che regola la vita del pianeta pone loro un freno: ma talvolta assai dolorosamente.


36. Queste creature, finché non hanno raggiunto il loro completo sviluppo, compiono di frequente azioni che sono del tutto prive di utilità pratica: si prefigurano la realtà a modo loro, direi e, cambiando di continuo, assumono ruoli e caratteristiche che non hanno. Giunti a completo sviluppo, perdono questa buffa facoltà, ma conservano tuttavia una sensazione: che la realtà in cui vivono costituisca come un vincolo alla loro libertà. Tanto in là si prolunga quella gioconda facoltà perduta.


37. Come ho già fatto notare, ciascun essere di questa specie fa per lo più ciò che un altro o altri vogliono che faccia: nessuno insomma fa per intero la sua volontà. Questo per una regola che si sono dati, suppongo: forse perché ritengono che non darsela questa regola sia pericoloso per la loro esistenza; chi sa? Ebbene, ciò nondimeno non c'è cosa che essi sopportino così male come essere soggetti all'altrui volontà. E darebbero persino la vita per liberarsene; e quando se ne sono liberati, ecco che ogni volta fanno la volontà di qualcun altro. Protraendo con molta ostinazione questo sforzo di liberarsi dalle altrui volontà, non giungono certo a fare la propria come si sarebbe portati a credere, ma sono condotti a questo o a quel destino da mille altre cause: dalla loro condizione specifica, dalle circostanze, dalle loro abitudini, dalle loro paure, dalle loro imperfezioni in genere, e da molte altre cose ancora affatto estranee alla creatura che ciascuno di essi realmente è. Eppure ad essi è sufficiente non fare la volontà dei loro simili per sentirsi soddisfatti; fermo restando che qui, invece, tutti continuano a muoversi a comando.


38. Ci sono delle zone calde su questo pianeta: e per la precisione là dove queste creature vivono concentrate in grandi ammassi di ricoveri su un territorio, tutto sommato, piccolo. Qui essi si muovono sempre più rapidamente, e ciò facendo sviluppano calore. Consumano sempre più e sempre più rapidamente, e ciò facendo sviluppano calore. Si spostano, corrono, producono, si riproducono, comunicano, complicano, risolvono, distruggono sempre più in fretta; e ciò facendo sviluppano calore. Essi stessi sembrano ardere per la rapidità con cui vivono. È ovvio che in tal modo si consumano.


39. Per le cause e con i mezzi più vari, tutte queste creature, benché in quantità e modi diversissimi, giungono a disporre di ogni genere di cose: piccoli e grandi oggetti, abitacoli, apparecchi semoventi, porzioni di pianeta... Non si tratta però di una disponibilità generica, o un uso, bensì di un rapporto speciale, privilegiato, che ciascuna cosa instaura con ciascuna creatura soltanto, sino a diventarne del tutto parte. E dalle creature questo rapporto è così straordinariamente appetito che non c'è forse azione che essi non saprebbero commettere pur di poter essere conservati o ammessi a questo rapporto con le cose. Attraverso operazioni talora semplici, talora molto complesse, ciascuna cosa può interrompere il suo rapporto con la rispettiva creatura e instaurarlo con un'altra; e ciò accade continuamente su questo pianeta. Tuttavia l'attaccamento che essi hanno per le cose di cui dispongono anche temporaneamente è così forte, tanta importanza annettono a questo rapporto, che, ogni volta esso s'interrompe prima del tempo debito o contro la loro volontà, par loro di perdere qualcosa di sé.


40. Lo scambio di cose tra queste creature è abbastanza rigidamente regolato su questo pianeta. Niente, per esempio può passare dall'una all'altra senza che qualcosa passi anche dall'altra all'una. Ci sono poi innumerevoli vie per porre in atto questo scambio, tante che una buona parte di necessità mi sfuggono. Si sarebbe addirittura portati a dire che questi esseri non facciano altro per tutta la durata della loro esistenza; ma sarebbe una considerazione troppo superficiale. Ebbene, ciò nondimeno le creature che non rispettano queste regole sono tantissime. Ma, fatto quanto mai interessante, quelli che prendono senza dare son di gran lunga più numerosi di quelli che cedono senza avere (di loro volontà s'intende).


41. Adesso ne sono sicuro. C'è, c'è senz'altro qualcosa che questi esseri appetiscono più delle cose stesse: è la possibilità di averle queste cose e di disporne. La possibilità dunque, che però hanno bisogno di rendere in qualche modo concreta. Per questa ragione la specie di cui mi occupo ha messo in atto uno stratagemma a un tempo semplice e micidiale. Quei fogli sottili di materiale leggero e pieghevole, di cui ho detto in un precedente rapporto, vengono adoperati perfettamente a questo scopo in qualità di rappresentazioni del grado d'importanza che ciascuna cosa è convenuto che abbia. Aver di questi equivale a disporre delle cose. Se dunque è davvero nella natura di queste creature appetire le cose, appare ovvio che essi appetiscano con maggior intensità ciò che permette loro di averne. Resta però da spiegare come mai ci siano esseri in cui il grande interesse, ragionevole e naturale abbiamo supposto, che hanno per questi piccoli preziosi fogli offuschi, o talvolta annulli addirittura, l'interesse per le cose stesse.


42. Forse, nel precedente rapporto, mi sono accostato con superficialità alla questione. Forse non è nemmeno la possibilità di disporre di cose che queste creature appetiscono più di tutto. Ci dev'essere dell'altro, più complicato e torbido, che è venuto a infibrarsi nel tessuto di queste relazioni. Sospetto, poiché, come ho già detto, l'appetito per le cose induce queste creature a render le cose parte di sè, sospetto che il voler disporre delle cose abbia un altro significato: e cioè di voler disporre dei propri consimili controllando le cose che essi appetiscono. Mi sembra tuttavia così macchinosa questa ipotesi... anche perché nessuna di queste creature è priva di appetiti.


43. La frenesia con cui queste creature s'industriano per edificare distruggere produrre inventare consumare, o anche soltanto conoscere, fa pensare che essi vogliano raggiungere al più presto un fine molto importante per la loro specie: un fine che, com'è ovvio, essi conoscono bene. Certo è, però, che non tutti s'affannano su questo pianeta; e ciò m'induce a pensare che quelli che non s'affannano, questo fine tanto importante non devono conoscerlo affatto.


44. Come la gran parte degli esseri che vivono su questo pianeta anche quelli che appartengono a questa specie vivono in gruppi, piccoli, che fanno parte di gruppi più grandi, che fanno parte di gruppi più grandi ancora, e così via. Al presente c'è chi s'adopra affinché i gruppi più grandi vadano a costituire un unico gruppo comprendente infine l'intera specie. E questo è molto importante. Ogni gruppo infatti ha una sua causa, una sua ragione, un suo scopo. Ogni gruppo ha il suo spazio, il suo tempo, le sue energie; ogni gruppo ha le sue leggi; e tutti sono prodotti dell'intelligenza di queste creature. Coincidendo l'intera specie con un gruppo, causa ragione scopo spazio tempo energie e leggi della specie andranno soggetti al controllo dell'intelligenza delle creature che la compongono. Ne dovrebbe conseguire la sua fine, suppongo.


45. Ho detto più volte che questi sono esseri intelligenti. Sarebbe tuttavia un errore grossolano se facessi credere che sono tutto intelligenza. Alla facoltà d'intendere infatti, alla coscienza, al senno, essi oppongono una non trascurabile propensione allo smarrimento. E gli equilibri sono turbati dalle più varie e minime influenze. Come quando si radunano in gran numero, per esempio. In questi casi parrebbe ovvio che, aggregandosi loro, s'aggregassero anche le loro intelligenze; e invece accade proprio il contrario: aumentando il numero, il senno scema. Si vede che su questo pianeta l'intelligenza non può essere sommata; ma lo può la follia.


46. Il moto, il mutamento, l'instabilità: per ciò e da ciò sono fatte queste creature. La prova più evidente sono gli organi sui quali stanno eretti. Queste due buffe e sgraziate terminazioni dovrebbero presiedere alla loro stabilità ed equilibrio; niente invece è così lontano dalla funzione di sostenere saldamente, e per contro così vicino a quella di sospingere e muovere, come queste due basi ritorte ed ossute. È pacifico che con organi simili questa specie non potrà mai conoscere la quiete: né del corpo, né dell'intelligenza che lo governa.


47. Poiché queste creature s'adoprano continuamente attorno a qualcosa e il numero dei loro atti è pressoché interminato, è ovvio che non sia possibile cogliere il senso di tutto ciò che fanno. Inoltre, il senso di certi atti è talvolta smarrito, talvolta a loro stessi sconosciuto. Sarei propenso a credere una cosa tuttavia: che non sia possibile cogliere il senso di tanta parte di ciò che fanno, semplicemente perché tanta parte è priva di senso.


48. Vivere insieme costituisce un problema per queste creature. Infatti, non ostante la loro naturale propensione ad aggregarsi, essi non riescono a stare uniti senza che qualcosa ostacoli i loro rapporti. Hanno steso perciò una fitta rete di regole sul loro vivere quotidiano, alcune di carattere generale, altre minute, che tengono conto di ciascun caso. Tutte queste regole vengono, senza distinzione, prima o poi violate. Allora essi ve ne aggiungono di nuove. E anche queste vengono prima o poi violate. E ciascuna creatura ne viola qualcuna. Con tutto ciò, lo sforzo che essi producono per indurre all'osservanza di queste regole è grande. Ci sono alcuni che hanno l'ufficio di crearle queste regole; altri che cercano chi le viola; altri che si adoprano per impedire a chi le ha violate di violarle avanti; altri che tentano di sottrarre chi le viola a questo impedimento; altri infine che del violarle hanno fatto un'attività continua e redditizia. Noto dunque che l'osservanza delle regole che questi esseri si impongono assicura la loro vita sociale tanto quanto la violazione stessa.


49. Essi comunicano emettendo suoni, e ogni suono rappresenta qualcosa. Se comunicano anche tracciando segni, ciò è dovuto per lo più al fatto che i segni, a loro volta, rappresentano quei suoni. Ecco dunque che questi segni essi li affidano a piccoli gruppi di fogli quadrangolari, stretti insieme secondo un ordine preciso, il contenuto dei quali è vario quanto è e fu varia questa specie stessa. Così essi comunicano non solo con chi è lontano nello spazio, ma anche con chi è lontano nel tempo; e questa comunicazione è la più profonda e ponderata che essi conoscano. In un dialogo silenzioso ed onesto, essi parlano con chi non c'è più, come chi non c'è più parlò a chi non c'era ancora. In questo modo si cercano coloro che non si sono veduti mai, e con un messaggio gettato attraverso tutta la loro progenie, alle luci fioche che sanno accendere, si ritrovano e si riconoscono.


50. Ci sono luoghi su questo pianeta deputati alla conoscenza e alla trasmissione della conoscenza. Qui tutti s'industriano, in uno sforzo comune, a capire la ragione e il fine d'ogni cosa. Hanno i loro metodi, i loro strumenti, le loro norme più o meno inviolabili. Ogni tanto, com'è ovvio, vengono anch'essi a capo di qualcosa, ma si tratta per lo più del superfluo. Su questo pianeta infatti l'unica vera forma di comprensione è ottenuta nella solitudine, con altri metodi, con altri strumenti, con altre inviolabili norme. E ciò che il solitario intende e sa egli non può trasmetterlo a nessuno.


51. Sono molte le cose di cui queste creature mancano, e perciò sono molte le cose che essi desiderano: cose che possono avere subito o cose che per aversi richiedono un certo sforzo; materiali o immateriali; superflue o indispensabili. Ma ve n'è una che sovra tutte essi desiderano, e che li rende supremamente ben disposti e felici: l'altra creatura. Essi si cercano e in continuazione si trovano; e in questo modo si danno l'un l'altro gioia.